Paura di sbagliare: perché ci blocca e come trasformarla in slancio

da | Mar 25, 2024 | Ansia

Hai presente quando riscrivi la stessa mail venticinque volte senza mai premere “Invia”? O quando passi ore a scegliere un filtro per un post che poi non pubblichi? Magari hai rimandato l’esame per la terza sessione di fila, o rinunciato a provare una ricetta per paura di rovinare la cena. In tutti questi casi la voce in testa è la stessa: “e se sbaglio?”. La paura di sbagliare non urla: sussurra, ti fa tentennare, e alla fine blocca ogni azione prima ancora che possa iniziare.

Cos’è la paura di sbagliare (e da dove nasce)

La paura di sbagliare, detta anche atychiphobia, è un allarme interno che si accende quando il cervello percepisce un pericolo legato all’errore. A livello neurobiologico entra in scena l’amigdala, la centralina emozionale che registra ogni possibile minaccia: un brutto voto, una figuraccia, la critica altrui. L’adrenalina sale, la corteccia prefrontale (quella che valuta rischi e soluzioni) perde lucidità, e il corpo suggerisce la cosa “più sicura”: evitare l’azione.
Ma non è solo chimica. Cresciamo imparando che il giudizio esterno pesa: a scuola il voto, in famiglia il “brava!”, online i like. Col tempo l’errore smette di essere feedback e diventa condanna: se sbaglio, sono un fallimento. Così la mente preferisce non tentare piuttosto che sentire quella scarica di vergogna o di delusione.

Quanto ti costa restare ferma

Restare inchiodata alla sedia mentre le occasioni scorrono ha un prezzo alto, anche se non sempre lo vedi subito. La proposta di lavoro che rifiuti “perché non sei pronta” finisce nelle mani di un collega meno esperto ma più audace; l’idea creativa che tieni nel cassetto la vedi realizzata da qualcun altro mesi dopo. La relazione potenziale scivola via perché non hai avuto il coraggio di dire “mi piaci”, e tuo figlio impara che è meglio non rischiare, perché la mamma lo fa di rado. Ogni decisione mancata è un centimetro di spazio vitale perduto: meno stimoli, meno crescita, meno fiducia in te stessa. A lungo andare il mondo si rimpicciolisce, e la paura diventa non più il sintomo, ma lo stile di vita che detta la rotta.

Il paradosso dell’errore: perché serve per imparare

Thomas Edison, dopo migliaia di tentativi falliti, scherzava: «Non ho fallito, ho scoperto 9999 modi di NON fare una lampadina».

Oggi lo stesso principio guida le aziende più innovative. In Pixar, per esempio, i registi presentano versioni “brutte” del film già nei primi mesi: gli errori vengono messi a nudo in fretta, così da trasformarli in soluzioni creative quando cambiare rotta costa ancora poco.

La scienza conferma che questo approccio paga. Negli anni ’50 Edward Thorndike parlò di learning by trial and error: i gatti del suo celebre esperimento, dopo vari tentativi a vuoto, imparavano ad aprire la gabbia in pochi secondi. Oggi le neuroscienze mostrano lo stesso meccanismo nell’essere umano: l’errore genera nel cervello un segnale bioelettrico chiamato Error-Related Negativity (ERN) che potenzia l’attenzione e accelera l’apprendimento successivo.

Un lavoro della Stanford University (Carol Dweck, 2018) ha osservato studenti alle prese con problemi impossibili: chi considerava l’errore “una prova di stupidità” chiudeva il libro; chi lo vedeva come informazione preziosa passava al problema seguente e, nel test finale, superava i compagni del 40 %. Perfino nello sport d’élite l’effetto è tangibile: un’analisi NBA su 15 stagioni mostra che i tiratori di liberi che rivedono subito l’errore al video migliorano la media del 7 % entro la partita successiva.

Insomma: niente sbaglio, niente adattamento; niente adattamento, niente crescita. Rifiutare l’errore significa rinunciare all’unico feedback che rende possibile il passo successivo — proprio come restare fermi al bivio aspettando di sapere con certezza quale strada non avrà nemmeno una buca.

Le 4 trappole della paura di sbagliare

1. Iper-generalizzazione – “Sono un fallimento totale”
Marta riceve una critica sul report mensile e scatta il pensiero tunnel: «Se ho sbagliato questo, vuol dire che non valgo nulla al lavoro». Un singolo errore diventa la lente con cui giudica tutta se stessa. Il risultato è un crollo di motivazione che la porta, il mese dopo, a consegnare in ritardo per timore di rivedere la stessa scena.

2. Indecisione cronica – “Meglio non scegliere che rischiare”
Gabriele sogna di trasferirsi all’estero, ma rimbalza da un sito di offerte all’altro senza mai inviare il CV: così evita la possibilità di un rifiuto. Passano due anni; la vita resta in stand-by e il sogno diventa rimpianto, confermando a Gabriele l’idea di “non essere fatto per certe cose”.

3. Procrastinazione – “Lo farò domani… forse”
Sara deve prenotare l’esame di inglese: ogni mattina apre il browser, controlla le date, poi lo richiude. In apparenza rimanda “per organizzarsi meglio”; in realtà evita il possibile flop. Intanto paga la penale per il rinvio e regala settimane di stress al suo “io” futuro.

4. Ricerca di perfezione – “Deve uscire impeccabile”
Luca vuole lanciare un blog di fotografia. Rilegge ogni post dieci volte, cambia layout, prova cinquanta palette colore. Il blog non vede mai la luce. La perfezione diventa un alibi elegante che maschera la paura di pubblicare qualcosa che potrebbe non piacere a tutti.

5 passi per trasformare l’errore in motore di crescita

1. Ridefinisci l’errore: feedback, non sentenza
Scrivi su un post-it la frase “È un dato, non un giudizio” e attaccala dove lavori. Ogni volta che compare un imprevisto ripeti: “Che cosa mi sta dicendo questo dato?” Sposti l’attenzione dall’etichetta “sono incapace” all’informazione utile per il prossimo tentativo.
🟦 Esempio: il report torna con tre note rosse → individua la prima correzione da applicare subito, non il voto che temi di meritare.

2. Sfida quotidiana “piccolo rischio”
Ogni giorno scegli un’azione con un micro-margine di possibile flop: parlare in riunione, cucinare un piatto nuovo, pubblicare un Reel imperfetto. La tua soglia di tolleranza all’errore si allarga come un muscolo allenato con carichi progressivi.
🟦 Esempio: oggi chiedi informazioni al docente invece di restare in silenzio; domani presenterai tu la slide.

3. Diario degli esperimenti
Dedica due colonne: “Cosa ho provato” e “Cosa ho imparato”. Non serve sia riuscito: conta il dato che hai ricavato. Rileggere il quaderno dopo un mese mostra quanta strada fai proprio grazie agli aggiustamenti post-errore.
🟦 Esempio: “Ho inviato il preventivo con prezzo alto → il cliente ha trattato → ho capito come presentare prima il valore”.

4. Aggiusta subito, non rimuginare
Entro 24 ore dall’errore fai il “primo bullone” di cambiamento. L’azione immediata sostituisce la ruminazione con un senso di controllo attivo, riducendo l’ansia a valle.
🟦 Esempio: sbagli il post sul blog? Correggi il titolo e aggiorna l’immagine ora, non tra tre giorni di auto-critica.

5. Celebra il tentativo, non solo il risultato
Alla fine della settimana scegli il “flop preferito”, brinda al coraggio di aver provato. Il cervello associa tentativo a gratificazione, non a vergogna, e sarà più disposto a riprovarci.
🟦 Esempio: pizza bruciata? Foto ironica nel gruppo amici e promessa di nuovo impasto domenica: la cucina diventa laboratorio, non tribunale.

FAQ sulla paura di sbagliare

È normale sentire un blocco fisico prima di agire?
Sì. La risposta “lotta o fuga” può manifestarsi con tachicardia, mani fredde, vuoto allo stomaco. Non è il segno che dovresti fermarti, ma che il cervello sta sovrastimando il rischio: respira a fondo, dedica 5 secondi al corpo e poi compi il primo, piccolo passo.

Devo scoprire da dove nasce la mia paura per superarla?
Capire le radici può aiutare, ma non è indispensabile: i comportamenti che alimentano la paura sono nel presente. Quando li modifichi (riduci l’evitamento, sperimenti in piccolo, accetti l’errore) l’ansia cala, a prescindere da cosa l’ha accesa in origine.

Come insegno a mio figlio che sbagliare è OK se io ne ho paura?
Diventa modello di “errore sano”: raccontagli a tavola la tua pizza bruciata e ciò che hai imparato. Mostra che la frustrazione è naturale e breve, mentre la lezione resta. I bambini assorbono più dagli esempi che dai discorsi astratti.

Quando chiedere aiuto professionale

Se la paura di sbagliare ti spinge a rinunciare a opportunità di lavoro, ti porta a rimandare decisioni cruciali o compromette il sonno con ruminazioni notturne, è il momento di non affrontarla da sola. Un percorso breve — o persino una Terapia a Seduta Singola (TSS) — può fornirti strategie mirate per ridurre l’iper-controllo, testare azioni progressive e trasformare l’errore in leva di crescita in poche settimane. Chiedere supporto significa abbreviare la distanza fra “vorrei” e “faccio”, non ammettere debolezza.

Il fallimento è umano, ma restare inchiodata dalla paura non è un destino. Oggi magari riscrivi ancora quella mail, domani potresti inviarla al primo colpo: basta un allenamento quotidiano, un grado di rischio alla volta. Se senti che la paura di sbagliare ti ruba troppi centimetri di vita, scrivimi: insieme possiamo trasformare ogni errore in un gradino verso esperienze più ricche e autentiche.

Trovi i miei articoli settimanali sul sito www.beatricepavoni.it e consigli e strumenti utili sulla mia Pagina Instagram o sulla mia pagina Facebook.

Buona crescita!

Beatrice Pavoni

Psicologa, Psicoterapeuta

Terapie Brevi, Terapia a Seduta Singola
(TSS)

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