Ti è mai capitato di sentirti intrappolata in una stanza senza finestre, mentre un allarme continua a strillare nelle orecchie? L’ansia funziona proprio così: ti blocca in un luogo minuscolo — la tua testa — e suona di continuo, anche se non c’è nessun ladro alla porta. Intanto fuori scorrono gli abbracci dei tuoi figli, le cene con gli amici, i viaggi che sogni da anni. Più provi a “zittire” quella sirena, più lei alza il volume, e all’improvviso ti ritrovi a pensare: «Ma cos’è l’ansia e come posso liberarmene per davvero?».
Che cos’è davvero l’ansia — l’allarme di casa che si è guastato
In origine l’ansia è un meccanismo di sicurezza formidabile: come l’allarme che installi in casa, dovrebbe attivarsi solo quando c’è un pericolo reale, avvisarti, e poi tacere. Quando però il sistema si guasta, comincia a suonare per un’ombra sul muro, per il rumore dell’ascensore, perfino per il ricordo di qualcosa che potrebbe accadere.
A livello biologico è la risposta “lotta o fuga”: il cervello percepisce minaccia, rilascia adrenalina e cortisolo, accelera battito e respiro, devia energia dai centri logici ai muscoli pronti all’azione. Finché l’allarme suona nel momento giusto — un’auto che sbuca all’improvviso o un cane che ringhia — ti salva la pelle. Quando scatta davanti a una riunione su Zoom o a un supermercato affollato, diventa un sabotatore che ti ruba calma, sonno, libertà di scelta.
Ecco perché liberarsene non significa rimuovere l’allarme, ma ripararlo: farlo smettere di gridare a vuoto e mantenerlo pronto a suonare solo quando serve davvero.
Quanto ti costa restare prigioniera?
Prova a chiudere gli occhi per un istante e immaginare la scena che più desideri condividere con le persone che ami: il picnic sul prato con tuo figlio che ti chiede di lanciargli il pallone, la serata improvvisata con gli amici che ridono di gusto, quel viaggio in treno che sogni da anni con il partner. Ora osserva la stessa fotografia, ma tu non ci sei: stai a casa, a trattenere il respiro perché il solo pensiero di allontanarti dalla “zona sicura” ti stringe lo stomaco. L’ansia è un fantasma che non lascia lividi visibili, eppure stanca, isola, ti fa dire «no» a inviti che accendevano entusiasmo, spegne la spontaneità negli occhi di tuo figlio, appanna la complicità con chi ti sta accanto. Ogni volta che resti ferma per assecondare la paura, cedi un centimetro di territorio: un sabato saltato diventa un’estate a metà, un’occasione professionale rifiutata si trasforma in rimpianto. Alla lunga, il prezzo non si misura in giornate “nervose”, ma in pezzi di vita non vissuta.
Perché cercare “la causa” peggiora l’ansia
Molte persone arrivano in studio convinte che la chiave sia scoprire l’esatto minuto in cui tutto è iniziato: «Se capisco perché, mi passa». È un’idea rassicurante, ma spesso è proprio questo detective‑work a far impennare la tensione. Più scandagli ricordi, eventi, possibili traumi, più ti ritrovi intrappolata in un labirinto di ipotesi: “E se non fosse successo in terza media ma all’asilo? E se dipendesse dal rapporto con mia madre? E se non trovassi mai la causa vera?” Ogni risposta apre nuove domande e l’allarme interno, invece di spegnersi, riparte con volume più alto.
In realtà la mente umana è raramente lineare: puoi aver avuto un’infanzia felice e un primo attacco di panico vent’anni dopo, oppure vivere un trauma e restare in equilibrio finché una serie di micro‑stress non fa traboccare il vaso. Cercare il colpevole unico è come ritrovarsi in mare aperto e, anziché nuotare verso la riva più vicina, restare a chiedersi da quale onda sei stata trascinata al largo. Per uscire dal panico è molto più utile concentrarsi su ciò che, adesso, alimenta l’ansia — i comportamenti benzina, i pensieri anticipatori, l’evitamento — e imparare tecniche concrete per disinnescare il sistema d’allarme, lasciando l’archeologia del passato a un secondo momento, se mai servirà.
I 3 errori che alimentano il circolo vizioso
1. Volerla “spegnere per sempre”
Quando vivi l’ansia come una lampadina da svitare definitivamente, ogni ricaduta diventa la prova di aver fallito. È lo stesso meccanismo di chi pretende dal dentista la promessa di “mai più carie”: realistico? No. E l’ansia, sentendosi minacciata, rilancia con sintomi più intensi pur di non sparire.
2. Cercare rassicurazioni a ciclo continuo
Scroll infiniti su Google per capire “se è normale”, domande ripetute agli amici, forum di sintomi: un istante di sollievo che dura il tempo di leggere la risposta — poi l’incertezza torna, più forte. La tua mente impara che per calmarsi deve consultare una fonte esterna, e l’allarme interno resta sempre acceso.
3. Evitare le situazioni che spaventano
Rinunci al concerto perché “troppa gente”, annulli la gita in autostrada, mandi un vocale al posto di parlare dal vivo. Sembra una scelta saggia, ma confermi al cervello che quel luogo o quella circostanza sono davvero pericolosi. Ogni evitamento allunga la lista dei divieti e restringe ancora di più il tuo spazio vitale.
Come liberarsene: il metodo in 5 passi
1. Accetta la funzione di allarme
Ricorda che l’ansia non è il nemico, ma un sistema di sicurezza guastato. Ripetiti: “Sta cercando di proteggermi, non di rovinarmi”. Questo sposta l’attenzione dal combatterla al regolarla e abbassa subito la tensione di qualche tacca.
2. Riduci i comportamenti‑benzina
Annota per una settimana tutto ciò che fai per “gestire” l’ansia (controllare, evitare, chiedere conferme). Scegline uno e sospendilo gradualmente: ad esempio, riduci le ricerche online da dieci a tre al giorno. Meno carburante, fiamma più bassa.
3. Prova l’esposizione “paga in piccole rate”
Affronta la situazione temuta a dosi progressive: dieci minuti al supermercato oggi, quindici domani, venti dopodomani. Il cervello scopre che il pericolo non esplode e, a ogni step, alza la soglia di tolleranza.
4. Usa strumenti calmanti immediati
Tecnica 4‑7‑8 (inspira 4, trattieni 7, espira 8), ancoraggio sensoriale (tocca un oggetto ruvido, descrivilo mentalmente), visualizzazioni brevi. Non eliminano l’ansia, ma ti danno il margine di cui hai bisogno per restare nella situazione senza fuggire.
5. Crea un piano di manutenzione anti‑ricaduta
Come per la carie, prevenzione batte emergenza: sonno regolare, movimento, limiti all’ipervigilanza digitale, mini‑check mensile dei segnali precoci. Così, se l’allarme gracchia di nuovo, lo regoli subito con le tecniche che hai imparato, prima che torni a urlare.
Quando chiedere aiuto professionale
Se l’allarme interiore suona da settimane, magari mesi, e nonostante i tentativi di “fai‑da‑te” continui a vivere in modalità emergenza, è il momento di non affrontare più la battaglia da sola. Chiedere supporto non significa dichiararsi deboli: è come chiamare un tecnico quando l’antifurto di casa resta in tilt — prima lo ripari, prima torni a vivere nella quiete. Un percorso di Terapia a Seduta Singola (TSS) o un Percorso Breve ti permette di individuare in tempi rapidi i comportamenti‑benzina, sperimentare tecniche mirate in sessione e costruire un piano di manutenzione che prevenga le ricadute. In poche settimane puoi già sentire la differenza tra un allarme impazzito e un sistema che protegge senza limitare la tua libertà.
Conclusione: rimettere l’ansia al suo posto e riprendersi la vita
L’ansia non è un destino né un difetto di fabbrica: è un dispositivo di sicurezza che, se tarato male, diventa invadente. Ora sai cos’è l’ansia e come liberarsene: riducendo le abitudini che la alimentano, esponendoti in piccole dosi a ciò che temi, imparando strumenti di autoregolazione e, quando serve, chiedendo un aiuto professionale che acceleri il processo. Ogni passo che fai verso la riva — anche minuscolo — è un centimetro di vita restituita ai tuoi affetti, ai tuoi progetti, alla tua curiosità di esplorare il mondo.
Se senti che è il momento di regolare quell’allarme una volta per tutte, scrivimi: insieme possiamo riportare il volume dell’ansia al livello giusto e lasciarti lo spazio per vivere le esperienze che meriti.
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Buona crescita!
Beatrice Pavoni
Psicologa, Psicoterapeuta
Terapie Brevi, Terapia a Seduta Singola
(TSS)
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