Lo psicologo aiuta davvero?

da | Set 16, 2025 | Terapia Breve

Nella vita ci sono i problemi… e poi ci siamo noi, chiamati ogni giorno a farci i conti. A volte li risolviamo da soli, altre volte con il supporto di amici o con il tempo. Ma ci sono momenti in cui qualcosa si incaglia: ci sentiamo fermi, logorati, confusi, magari sfiduciati. È lì che spesso nasce la domanda: “Ma davvero uno psicologo può aiutarmi?”

Non è una domanda da poco, e anzi è più diffusa di quanto si pensi. In molti si portano dentro la convinzione che lo psicologo sia una figura da consultare solo nei casi “gravi”, quando ormai la situazione è sfuggita di mano. Oppure che rivolgersi a lui sia un segno di debolezza, di fallimento personale. Altri ancora temono di iniziare un percorso lungo, costoso, forse interminabile.

In realtà, proprio come ci rivolgiamo a un fisioterapista per una contrattura o a un nutrizionista per regolare l’alimentazione, possiamo rivolgerci a uno psicologo per affrontare quei momenti della vita in cui sentiamo che da soli non basta. Non perché siamo “matti”, ma perché siamo umani. E perché, come in ogni altro ambito della vita, non possiamo sempre avere da soli tutte le risposte.

Quando chiedere aiuto?

Non esiste una regola assoluta su quando andare dallo psicologo, ma ci sono segnali che spesso parlano chiaro. Quando i pensieri iniziano a occupare troppo spazio nella mente. Quando l’ansia logora la quotidianità. Quando una difficoltà si cronicizza e comincia a pesare sulle relazioni, sulle scelte, sul lavoro. O, semplicemente, quando si avverte il bisogno di fare chiarezza, di prendere fiato, di guardare una situazione da un’altra prospettiva.

Non sempre serve “toccare il fondo” per decidere di farsi aiutare. A volte basta riconoscere che da soli si è fatto tutto quello che si poteva fare… e non è stato abbastanza.

Come accade in altri ambiti della vita, ci sono problemi che possiamo risolvere con le nostre forze, altri che richiedono un piccolo aiuto, altri ancora che hanno bisogno di un intervento più mirato. Lo psicologo è lì per questo: per offrirti strumenti, non soluzioni preconfezionate; per accompagnarti nel costruire nuove possibilità, non per dirti cosa devi fare.

Non è un obbligo, è una possibilità

Uno degli equivoci più diffusi è credere che, una volta iniziata, la terapia debba durare anni. Ma non è sempre così. Esistono oggi approcci moderni, efficaci e flessibili – come le Terapie Brevi – che permettono di lavorare su obiettivi specifici anche in pochi incontri.

Un esempio concreto è la Terapia a Seduta Singola (TSS), un metodo che non nasce per “tagliare corto”, ma per massimizzare ogni singola seduta. Non è un approccio terapeutico a sé stante, ma un modo di concepire l’incontro psicologico: si lavora come se quello fosse l’unico appuntamento, per trarne il massimo possibile.

In molti casi, una sola seduta può bastare per trovare un primo sollievo, cambiare prospettiva, sbloccare un nodo. In altri casi, si può proseguire con altri incontri, ma sempre con un senso di direzione chiaro, con obiettivi definiti e con l’idea che ogni incontro debba essere utile.

E non è solo una teoria: la ricerca dimostra che in circa il 50% dei casi, le persone che fanno una seduta condotta secondo i principi della TSS non sentono il bisogno di fissarne una seconda.

Come capire se lo psicologo ti è davvero d’aiuto?

È una domanda che può emergere già dopo il primo incontro: “Mi sento meglio? Mi ha aiutato davvero?”
Oppure: “Mi sono sentita capita? Riesco a fidarmi di questa persona?”

Nel dubbio, ci sono alcune domande concrete che puoi porti per orientarti:

  • Dopo il primo incontro, ho capito qual è l’obiettivo su cui lavoreremo?
  • Lo psicologo mi è sembrato serio, competente, preparato?
  • Ha saputo sintonizzarsi con la mia situazione, senza forzare?
  • Le sue parole mi hanno fatto riflettere o sentire un po’ più in grado di affrontare ciò che sto vivendo?
  • E ancora: mi sta simpatico? Mi dà fiducia?
    Perché sì, anche l’istinto conta.

Queste domande non servono per fare un “esame” allo psicologo, ma per ricordarti che hai tutto il diritto di valutare il professionista che hai di fronte, proprio come faresti con un medico, un avvocato o un fisioterapista.

La relazione terapeutica è tutto

Lo dice la letteratura scientifica, lo conferma l’esperienza clinica: la qualità della relazione tra terapeuta e paziente è uno dei principali fattori di efficacia della terapia, al di là del metodo utilizzato.

Non è questione di simpatia o di sensazioni vaghe: è un’alleanza che si costruisce sulla fiducia, sulla collaborazione, sulla possibilità di parlare di tutto, anche del lavoro che si sta facendo insieme.

E come in ogni collaborazione, ci dev’essere spazio per i dubbi, per i chiarimenti, per i feedback: “Questa cosa che stiamo facendo mi aiuta?”, “Mi sto muovendo nella direzione giusta?”, “Ci sono aggiustamenti da fare?”

In Terapia Breve, questo è centrale: il terapeuta è tenuto a chiedere feedback, a lavorare in modo trasparente, a fare in modo che ogni incontro sia utile, misurabile, concreto. E se così non fosse, il paziente ha tutto il diritto di dirlo.

Il paradigma della flessibilità: la terapia su misura

Uno dei motivi per cui molte persone non vanno dallo psicologo è la percezione che “sia tutto o niente”: o inizi un percorso lungo, o non serve a nulla.

Le Terapie Brevi – e in particolare la Terapia a Seduta Singola – propongono un modello più flessibile e moderno, che si adatta alle esigenze della persona:

  • c’è chi fa una sola seduta e si sente già più forte,
  • chi torna solo quando serve,
  • chi preferisce un percorso più continuativo ma sempre orientato a obiettivi concreti.

Lo psicologo, in questo senso, può diventare un punto di riferimento stabile, ma non invadente, da contattare quando ne senti il bisogno, come faresti con altri professionisti della tua vita.

In conclusione

Allora, lo psicologo aiuta davvero?

La risposta più onesta è: dipende.

Dipende da che tipo di aiuto cerchi, da quanto sei disposta a metterti in gioco, dal tipo di relazione che riesci a costruire con il professionista, dall’approccio che viene utilizzato.

Ma una cosa è certa: chiedere aiuto non è un segno di debolezza, è un atto di responsabilità verso di sé.
E può essere l’inizio di un cambiamento.
Anche solo con una seduta.

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