Anoressia nervosa: comprendere le cause e i fattori scatenanti

da | Apr 18, 2023 | Alimentazione

L’anoressia nervosa è uno dei più noti disturbi del comportamento alimentare (DCA), categoria in cui rientrano anche bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata. È caratterizzata da un intenso rifiuto di mantenere un peso corporeo adeguato, una paura ossessiva di ingrassare e una percezione distorta del proprio corpo. Non riguarda solo “quanto” si mangia: coinvolge corpo, mente ed emozioni, influenzando profondamente la relazione con se stessi e con gli altri.

Cosa sono i disturbi del comportamento alimentare?

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) non sono semplicemente il risultato di scelte alimentari sbagliate o di un momentaneo desiderio di perdere peso. Si tratta di condizioni psicopatologiche complesse che nascono da un intreccio di fattori biologici, psicologici, sociali e culturali.

Questi disturbi rappresentano una lotta profonda contro il proprio corpo, contro le emozioni e, in molti casi, contro la percezione di sé. Non sono solo “abitudini sbagliate”, ma vere e proprie espressioni di una sofferenza interiore che spesso si traduce in comportamenti estremi legati al cibo (come l’anoressia o la fame compulsiva), al peso e all’immagine corporea.

In questo contesto, l’anoressia nervosa si distingue per un insieme di sintomi specifici e di segni clinici che meritano di essere descritti singolarmente.

Restrizione alimentare severa

Uno dei tratti distintivi dell’anoressia nervosa è la riduzione drastica delle calorie assunte. Chi soffre di anoressia spesso stabilisce regole rigide e ossessive sul cibo, scegliendo esclusivamente alimenti “sicuri” e riducendo le porzioni fino al minimo indispensabile. Questo comportamento non è semplicemente una dieta, ma una vera e propria strategia di controllo, mirata a esercitare potere sul proprio corpo e sulle emozioni.

Eccessivo esercizio fisico

Oltre a limitare il cibo, molte persone con anoressia ricorrono a un’attività fisica estrema, considerandola indispensabile per “compensare” anche le poche calorie ingerite. L’esercizio diventa un rituale obbligatorio, spesso praticato anche quando il corpo è stremato e non avrebbe le risorse per sostenere uno sforzo del genere.

Distorsione dell’immagine corporea

Un aspetto centrale dell’anoressia è la percezione distorta del proprio corpo. Nonostante un peso molto al di sotto della norma, chi soffre di questo disturbo continua a vedersi “troppo grande” o “non abbastanza magro”. Questa visione alterata non è semplicemente una mancanza di consapevolezza: è una convinzione radicata che guida le scelte alimentari e comportamentali, rendendo difficile accettare il proprio corpo così com’è.

Paura intensa di ingrassare

La paura di prendere peso diventa un pensiero fisso e opprimente. Ogni minima variazione del peso può generare ansia, vergogna e sensi di colpa. Questa paura non si basa solo sull’aspetto estetico, ma spesso riflette un timore più profondo di perdere il controllo, di non essere accettati o di non sentirsi mai all’altezza degli standard personali o sociali.

Alterazioni fisiologiche

I comportamenti anoressici non si limitano ad avere un impatto psicologico; hanno conseguenze gravi anche sul corpo. Tra le più comuni ci sono:

  • Perdita significativa di peso, che può portare a uno stato di sottopeso estremo.
  • Pelle secca, perdita di capelli, unghie fragili e una sensazione costante di freddo, dovuti alla mancanza di nutrienti essenziali.
  • Debolezza muscolare e affaticamento cronico.
  • Problemi cardiovascolari, come pressione bassa e ritmo cardiaco rallentato, che possono mettere a rischio la vita stessa della persona.

L’anoressia nervosa, dunque, si manifesta attraverso un insieme complesso di sintomi fisici e psicologici, che riflettono non solo un problema con il cibo, ma una difficoltà più ampia nel rapporto con se stessi, con gli altri e con il proprio corpo. La comprensione di questi aspetti è essenziale per poter intervenire in modo efficace e fornire l’aiuto necessario.

Un rapporto complesso con il cibo

Per chi soffre di anoressia nervosa, il cibo assume un significato che va ben oltre il nutrimento. Diventa uno strumento di controllo, un mezzo per cercare ordine e perfezione in una vita percepita come caotica o imprevedibile. Ogni pasto, ogni caloria contata, ogni morso negato rappresentano un tentativo di affermare la propria forza di volontà.
Tuttavia, questo rapporto alterato con il cibo non nasce dal nulla. È il risultato di un intreccio di fattori biologici, psicologici, sociali e culturali che interagiscono in modi complessi.

Il ruolo della società e della cultura

Uno dei principali fattori scatenanti dell’anoressia nervosa è l’influenza della società e della cultura. Viviamo in un mondo in cui il corpo magro è spesso considerato sinonimo di successo, autocontrollo e attrattiva. La bellezza è definita da standard irraggiungibili, promossi da media, pubblicità, social network e industria della moda. Le immagini di corpi perfettamente scolpiti, spesso ritoccati digitalmente, sono ovunque, contribuendo a creare l’illusione che la magrezza estrema sia un obiettivo realistico e desiderabile.
Ma non è solo una questione di immagini: il linguaggio che utilizziamo per parlare di cibo e corpo ha un impatto enorme. Frasi come “Sei così magra, che invidia!” o “Non mangiare troppo, altrimenti ingrassi” trasmettono il messaggio che il valore di una persona dipende dalla sua forma fisica. Questo tipo di dialogo sociale può spingere alcune persone, già vulnerabili, a interiorizzare l’idea che il controllo sul peso e sull’alimentazione sia la chiave per ottenere accettazione e approvazione.

Il perfezionismo e il bisogno di controllo

Alla base dell’anoressia nervosa c’è spesso una personalità che tende al perfezionismo. Questo non significa semplicemente voler fare le cose bene, ma avere un bisogno estremo di controllare ogni aspetto della propria vita, spesso perché ci si sente incapaci di gestire l’incertezza e l’imprevedibilità. Il perfezionismo, infatti, non porta a sentirsi soddisfatti dei propri risultati: ogni successo sembra insufficiente, e ogni errore diventa una catastrofe.
In questo contesto, il controllo sull’alimentazione diventa una sorta di rifugio. Se non si può controllare ciò che accade intorno, almeno si può controllare ciò che si mangia o si evita di mangiare. Questa ricerca di controllo diventa una risposta a un disagio interiore profondo, ma finisce per peggiorare la situazione, intrappolando la persona in un ciclo di restrizioni, sensi di colpa e insoddisfazione cronica.

Il ruolo delle relazioni e delle aspettative sociali

Le relazioni personali e familiari possono giocare un ruolo significativo nello sviluppo dell’anoressia. Alcuni studi hanno evidenziato come pressioni familiari, dinamiche di controllo all’interno del nucleo familiare, o anche episodi di bullismo e prese in giro durante l’infanzia, possano contribuire all’insorgere del disturbo.
Ad esempio, una persona che cresce in un ambiente in cui il successo è strettamente legato alla performance e alla perfezione potrebbe iniziare a utilizzare il controllo sull’alimentazione come un modo per sentirsi adeguata. Allo stesso modo, chi ha sperimentato rifiuto o giudizi negativi sul proprio corpo potrebbe sviluppare una fissazione sul peso e sull’aspetto come forma di protezione emotiva.

Una sfida a più livelli

L’anoressia nervosa non ha una causa unica: è il risultato di un intreccio complesso di fattori che si influenzano a vicenda.

Sul piano biologico, gli studi hanno evidenziato come predisposizioni genetiche e alterazioni neurobiologiche possano aumentare il rischio di sviluppare disturbi alimentari. Questo non significa che la genetica determini il destino di una persona, ma che esiste una maggiore vulnerabilità che, in certi contesti, può emergere.

Anche la dimensione psicologica gioca un ruolo cruciale. Spesso chi soffre di anoressia vive con una costante insicurezza, un’autostima fragile e una difficoltà a riconoscere e gestire le emozioni. In questo contesto, il perfezionismo e il bisogno di controllo si trasformano in strategie per affrontare un mondo percepito come imprevedibile e minaccioso.

La società e la cultura, a loro volta, contribuiscono a modellare questo disturbo. Ideali di bellezza irrealistici, stereotipi veicolati dai media e un linguaggio che associa il valore personale a quanto si è magri o “in forma” creano un contesto in cui la restrizione alimentare diventa una risposta alla pressione sociale.

Non possiamo poi trascurare il ruolo delle relazioni. Dinamiche familiari rigide, difficoltà nel costruire legami autentici, esperienze di rifiuto o traumi possono alimentare la percezione che il controllo sul cibo sia l’unica strada per sentirsi validi o sicuri.

Affrontare l’anoressia richiede un intervento terapeutico mirato, che non si limiti a lavorare sul rapporto con il cibo, ma che vada a toccare le radici del problema. È necessario agire sui comportamenti che mantengono vivo il disturbo, ma anche su come la persona vede se stessa, il proprio corpo e il proprio posto nel mondo. Nei casi più gravi, la priorità assoluta è stabilizzare la salute fisica, mentre a livello terapeutico può essere fondamentale coinvolgere la famiglia. Modificare le regole familiari e le dinamiche relazionali permette a tutti i membri di imparare a sostenersi reciprocamente, costruendo un ambiente più favorevole al cambiamento.

Conclusioni

L’anoressia nervosa non è un problema superficiale né una semplice questione di forza di volontà. È una condizione complessa, radicata in una combinazione di fattori biologici, psicologici, sociali e relazionali. Comprendere le sue cause è il primo passo per affrontarla in modo consapevole e compassionevole.
Per chi ne soffre, riconoscere che il problema non risiede nella quantità di cibo, ma nella relazione con il cibo e con se stessi, può essere un punto di partenza per cercare aiuto e supporto. E per la società nel suo complesso, diventare più consapevoli del linguaggio che usiamo e degli ideali che promuoviamo è essenziale per creare un ambiente in cui le persone possano sviluppare una relazione più sana con il proprio corpo e la propria autostima.

Quando rivolgersi a un professionista

Se senti di star vivendo una situazione difficile nel tuo rapporto con il cibo, potrebbe essere utile consultare un professionista. Un terapeuta qualificato può aiutarti a esplorare le radici di questi sentimenti, a identificare eventuali schemi disfunzionali e a trovare strategie personalizzate per regolare il tuo rapporto con il cibo.

Disclaimer

Ricorda che le informazioni presentate in questo articolo sono di natura teorica e generale. Ogni persona è unica, e la terapia deve essere sempre adattata alle esigenze specifiche dell’individuo. Per questo motivo, quanto letto non può sostituire una valutazione professionale o un percorso terapeutico personalizzato. Se senti la necessità di un supporto mirato, non esitare a rivolgerti a uno specialista che possa guidarti nel tuo percorso personale di crescita.

 

Beatrice Pavoni

Psicologa, Psicoterapeuta

Terapie Brevi, Terapia a Seduta Singola (TSS)

Ricevo a ROMA e ONLINE

Bibliografia

Nardone G., Valteroni E. (2017). L’anoressia giovanile. Una terapia efficace ed efficiente per i disturbi alimentari. Ponte alle Grazie: Milano.

Nardone G., Verbitz T., Milanese R., Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi, Tea Edizioni, 1995

Nardone G., Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie alimentari, Bur, 2003

1 https://www.stateofmind.it/2014/11/storia-emma-anoressia-nervosa – 27 novembre 2014 –

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